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I paramenti liturgici di Castel Sant'Elia custoditi nel nuovo museo
Data: 05/06/2017
Il Museo Comunale intitolato all'abate Rosavini e dedicato al rarissimo corpus di paramenti medievali ha aperto i battenti il 1 giugno alla presenza delle autorità locali, del Direttore ISCR e del gruppo di lavoro che ne ha eseguito il restauro.
La preziosa raccolta di paramenti liturgici conservati a Castel Sant’Elia, trova, dopo alterne vicende di spostamenti, una nuova sede espositiva e una attenta custodia nel Museo Comunale della Spiritualità “Don Giovanni Rosavini” inaugurato lo scorso 1 giugno.
Una storia solo apparentemente minore quella del tesoro di Castel Sant'Elia che affonda le sue radici nel VI secolo e chiama in causa la storia di due importanti ordini religiosi (quello benedettino e quello cistercense), la produzione tessile del mondo arabo-normanno e dell'Egitto copto, la devozione locale e gli studiosi europei che hanno "riscoperto" e studiato i paramenti di Castel Sant'Elia.
Un patrimonio di ventotto manufatti che comprende pianete, dalmatiche, mitre, rarissimi sandali pontificali, e che si è mantenuto unitario forse proprio grazie alla devozione locale dei Santi Anastasio e Nannoso (monaci benedettini vissuti nell'eremo della valle Suppentonia, morti nella seconda metà del VI secolo) a cui la tradizione locale ha legato il corredo. Gli studi hanno poi spostato la datazione di almeno cinque secoli, stando alle indicazioni emerse dall'analisi dai tessuti (forse prodotti negli opifici tessili di Palermo, i tiraz del periodo della dominazione araba). Il corpus si mantiene unito nel corso degli anni ma è spesso modificato a nuove esigenze dello stile e della liturgia, fino a che (forse dopo il 1648) vengono trasferiti nella chiesa parrocchiale di Sant’Antonio Abate e custoditi in un’urna posta sotto l’altare maggiore.
È l'esposizione di arte sacra di Orvieto del 1986 (che vede i paramenti di Castel Sant'Elia tra i 1.200 manufatti esposti) che richiama l'attenzione degli esperti e in particolare del canonico Joseph Braun che ne riconosce il grandissimo interesse storico oltre che devozionale.
Nel XX secolo il corredo è al centro di un'animata vicenda di spostamenti; negli anni ’30 del Novecento lo Stato ne reclama l'appartenenza al patrimonio culturale pubblico, con un trasferimento presso la locale caserma dei Carabinieri. Il dissidio si ricompone nel 1936 con la ricollocazione presso l’altare maggiore della chiesa parrocchiale ma sotto la duplice responsabilità del Comune e della Diocesi. Nel 1951 è la volta di un ulteriore “trasloco” presso il Santuario di Maria SS. ad Rupes (sul luogo dell'antico eremo).
È da qui che nel 2001 inizia il nuovo capitolo per questi preziosi paramenti. Grazie ad un accordo tra il Comune, le autorità religiose locali, gli uffici territoriali del Ministero e l’Istituto, viene definito un articolato e impegnativo progetto di restauro che comprende anche il nuovo allestimento museale. Viene individuata nell'ex Oratorio di Sant'Anna una sede idonea e si avviano i primi lavori di adeguamento mentre la quasi totalità dei reperti viene trasferita nei laboratori dell'Istituto a Roma. Il lavoro vede coinvolti storici dell'arte specialisti di tessuti, restauratori di tessili e restauratori del cuoio, esperti scientifici che ne sondano i materiali costitutivi, architetti e fisici esperti nel controllo micro-climatico che realizzano vetrina e cassettiera conservativa ad alta tecnologia; un apporto significativo è inoltre dato dalle allieve della Scuola dell’ISCR e da collaboratori esterni.
Questa nuova "casa", intesa come un rifugio sicuro ai paramenti di Castel Sant’Elia, è stata studiata tenendo conto, oltre che delle esigenze di conservazione, di fruizione e di valorizzazione, anche delle imprescindibili esigenze di culto e di devozione.
Anche per sottolinearne il carattere spirituale è stata intitola all'abate cistercense Don Giovanni Rosavini, nato nel 1909 a Castel Sant'Elia, eminente studioso delle tradizioni religiose monastiche, che tante energie ha profuso anche nella rifondazione di antiche abbazie dell’Ordine fondato da San Bernardo da Chiaravalle, quali Santa Maria di Poblet (Catalogna, iscritta nella Lista UNESCO dal 1991, gravemente compromessa dai danni causati dalla Guerra civile spagnola), Santa Maria di Chiaravalle Milanese (fondata da San Bernardo stesso nel 1135, per anni abbandonata e di nuovo attiva dal 1952), e Santa Maria di Chiaravalle di Fiastra (in provincia di Macerata), dove nel 1985 reintroduce la vita monastica e dove si spegne nel 2004.
Per l’esposizione, sempre curata dall’ISCR, si è cercata la migliore soluzione conservativa, verificando le condizioni ambientali degli spazi indicati dal Comune e proponendo la realizzazione di una teca per alcuni dei preziosi paramenti e di una cassettiera conservativa riservata anche ai numerosi grandi camici. La prima è stata progettata dall’architetto Gloria Tammeo e realizzata dalla ditta Ott Art di Venezia, mentre la seconda è stata progettata da Silvia Checchi e da Gloria Tammeo, con l’intento di custodire la parte non immediatamente esponibile a causa della tipologia e dello stato di conservazione, riservando la “consultazione” agli studiosi che ne facciano richiesta. Anche i particolari manichini espositivi sono stati realizzati dalla Ott Art sempre su progetto di Silvia Checchi.
L’impianto di trattamento dell’aria è stato finanziato dal Lions Club di Civita Castellana, e progettato su suggerimento dei fisici ISCR Elisabetta Giani e Fabio Scala che hanno eseguito il controllo climatico ambientale.
La conservazione di questi preziosi manufatti sarà un compito che vedrà l’Istituto coinvolto nel programma di manutenzione. Attraverso un piano di periodiche e puntuali verifiche sarà possibile mantenere a lungo gli esiti dei lunghi restauri e consentire, anche alle generazioni future, una vasta fruizione.
Il museo è dotato di un impianto video (anche finanziato dal Lions Club) che consente la visione del video I paramenti liturgici di Castel Sant’Elia. La storia e il restauro, a cura di Marica Mercalli con la collaborazione di Silvia Checchi, Anna Valeria Jervis, Elisabetta Giani e Barbara Santoro (copyright ISCR, casa di produzione Spazio Visivo) che sarà a breve disponibile sulla pagina Youtube dell’Istituto.
È inoltre disponibile in libreria il volume I paramenti liturgici di Castel Sant’Elia. La loro storia e cronaca del restauro, a cura di Marica Mercalli e Silvia Checchi, 2012, Roma, Gangemi Editore (anche in versione ebook).
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Calzari pontificali con arabesco
Calzari pontificali detti con iscrizioni pseudo-cufiche