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La Resurrezione di Lazzaro, Caravaggio, Messina

stato di conservazione e interventi precedenti

La struttura di sostegno, costituita da regoli in legno di abete, di consistente spessore e larghezza, e da due traverse orizzontali e una longitudinale, svolge ancora una corretta funzione di sostegno e tensionamento. Nelle unioni angolari e nei punti di incastro delle traverse con gli elementi perimetrali, sono avvitati tenditori metallici a vite, azionabili manualmente e ancora attivi.

La tela originale non denota segni di infragilimento delle fibre né deformazioni. L’adesione alla tela da rifodero applicata nel 1951 è ottima, ad eccezione di una piccola zona in prossimità dell’angolo superiore destro.

La superficie è investita da una fitta rete di crettature meccaniche dovute ai movimenti della tela di supporto e a fenomeni di essiccamento e ritiro dei materiali costitutivi. Il fenomeno è più accentuato dove si riscontrano maggiori spessori degli strati e le isole determinate dai cretti assumono talvolta delle deformazioni a scodella che, nel tempo possono dar luogo a perdita di adesione al supporto e a cadute di scaglie. Si tratta sicuramente di un segnale di fragilità che richiede un controllo delle condizioni ambientali per ridurre i meccanismi di rigonfiamento e contrazione dei materiali costitutivi, altamente igroscopici, in relazione all’assorbimento o desorbimento di umidità.

Prima della pulitura era difficile stabilire le condizioni della pellicola pittorica originale perché, come già accennato, era completamente offuscata da materiale soprammesso e alterato.

Alcuni particolari come la testa del Cristo, del becchino che sorregge Lazzaro e di Lazzaro stesso, erano illeggibili e, osservando attentamente la superficie e confrontandola con l’immagine UV, è possibile rendersi conto dell’estrema disomogeneità della stesura di vernice applicata nel 1951 e dello spessore più consistente, localizzato proprio nelle zone oggi meno visibili. Oltre all’alterazione cromatica, la vernice, a causa dello spessore dello strato, aveva subito un accentuato fenomeno di crettatura in essiccamento producendo una fitta rete di fessurazioni che tolgono trasparenza al materiale. Il fenomeno sembrava concentrato nelle zone più scure ma non connesso al pigmento originale ma alla sostanza applicata su di esso.

Tutte le reintegrazioni eseguite a tono apparivano virate cromaticamente. Le lacune, evidenziate dagli UV e dall’alterazione delle reintegrazioni, sembravano tuttavia limitate per estensione e localizzazione.

Lo strato pittorico, fortunatamente con adesione e coesione buoni, era investito da zone con superficie scabra e porosa che denotavano un fenomeno di forte abrasione. Nella maggior parte dei casi la rimozione della vernice in queste zone evidenziava la permanenza, nella parte concava delle scaglie, di una sostanza biancastra che dava un aspetto generale di sbiancamenti localizzati su tutta la superficie e in particolare in coincidenza con le zone abrase . La sostanza biancastra era dovuta a residui di sostanze proteiche impiegate nel tentativo di saturare le zone più compromesse.

L’esito di alcune sezioni stratigrafiche eseguite in parti investite dal problema, ha confermato questa ipotesi: il film pittorico appare molto discontinuo e abraso e spesso i granuli di colore sono inglobati in una sostanza traslucida giallo-bruna, che sembra quasi costituire oggi l’elemento legante.