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Calzari pontificali detti con iscrizioni pseudo-cufiche, Museo della Spiritualità, Castel Sant'Elia

analisi storico-critica

Nonostante la lacunosità, è possibile attribuire questi calzari alla tipologia di calzare pontificale medievale, già individuata da Joseph Braun (1899), che nella sua forma completa è alto fino alla caviglia e dotato di una tomaia che termina, nella parte superiore, in una serie di linguette fornite di occhielli entro i quali passa un laccio avente la funzione di assicurarlo al piede.
Gli studiosi hanno attribuito a questi oggetti una datazione più alta rispetto a quelli con arabesco, ritenendo che siano stati fabbricati nel XII secolo. In merito alla loro probabile fabbricazione siciliana da parte di artigiani islamici o comunque sotto la loro influenza diretta Giusy Lalli, che per prima ha ricostruito, graficamente, la forma originaria di questi calzari, ha riconosciuto delle analogie con le decorazioni presenti su stoffe fatimidi del XII secolo, così come su tessuti ispano-moreschi del secolo XIII.
A Joseph Braun, che per primo ha studiato approfonditamente questi oggetti (Braun, 1899), risale l’identificazione della decorazione della parte posteriore della tomaia come iscrizione a caratteri pseudo cufici. Attraverso gli anni tale ipotesi è stata mantenuta dagli studiosi successivi facendola diventare, nelle descrizioni, l’elemento distintivo di questo paio di calzari.
L’intervento di restauro appena concluso, e in particolar modo l’operazione di spianamento e distensione condotta su questa parte della tomaia, ha peraltro consentito oggi una più attenta osservazione, che induce a escludere la presenza di caratteri cufici o di imitazione di essi, e permette invece di individuare degli elementi decorativi stilizzati. Riteniamo pertanto che la decorazione dei nostri sandali appartenga al genere dell’arabesco, e non della pseudo-iscrizione.
Sulla parte anteriore di ciascuna tomaia è visibile un motivo decorativo a serpenti intrecciati, costituito da sottili strisce di cuoio dorato intessute con filato in seta. Nonostante la lacunosità di questa decorazione è stato possibile individuarne la stretta analogia con quella dei sandali provenienti dall’Abbazia di Stavelot, oggi ai Musées d’Art et d’Histoire di Bruxelles. Il motivo dei serpenti o dei draghi intrecciati, universalmente diffuso, è stato particolarmente apprezzato nel mondo musulmano all’epoca di queste calzature.