• home
  • Restauri - Restauri in corso

Coppia di rovine del Foro romano dal Museo Praz di Roma

tecniche di esecuzione

I manufatti sono realizzati con marmi policromi quali il giallo (cornice e architrave), una lumachella di tonalità verde-bruna (fusto delle colonne e fregio), un marmo rosato (podio) e una breccia scura (base sottile). Nessuno dei quattro litotipi è stato sottoposto a indagine petrografia per ovvi motivi conservativi.
Sono presenti, inoltre, elementi metallici quali bronzo dorato per le basi e i capitelli e rame dorato ad amalgama di mercurio per gli utensili di sacrificio applicati sul fregio (indicazione fornita da Giuseppe Guida, Iscr).
L’individuazione di marmi colorati, in mancanza d’indagini scientifiche, è stata, pertanto, ottenuto con il metodo del confronto con la bibliografia esistente integrata da esperienze e osservazioni “sul campo”.

Il marmo giallo ci presenta, come di consueto, due scelte obbligate: la prima è il Marmor Numidicum, meglio conosciuto come Giallo Antico, proveniente dall’Africa Proconsolare, la cui utilizzazione è documentata dal II secolo a.C. La seconda è il Giallo Siena, anch’esso litotipo metamorfico, proveniente dalle cave della Montagnola Senese e noto, commercialmente, per affiancare in sordina il più famoso e pregiato Giallo Antico, le cui varietà, analogamente a questi, va dal giallo avorio a quello intenso, via via più aranciato, alle specie venate e brecciate.

Anche la cronologia delle opere non è di grande aiuto poiché, a cavallo tra il 18° e 19° secolo erano usati entrambi e la sostituzione del Giallo Siena con il Giallo Antico, più prezioso e meno reperibile, non è poi così rara e tantomeno sempre dichiarata.

La breccia della base è stata individuata come Marmo Africano o Luculleo, marmo colorato tra i primi ad essere introdotti a Roma e largamente apprezzato da Plinio.

La lumachella è di due tipi di cui il primo, costituito da  gusci più grandi è il materiale costitutivo prevalente, sicuramente originale, il secondo tipo, utilizzato solo nel fregio di una delle rovine,  è molto simile alla prima, ma costituita da frammenti conchigliari più piccoli.

In ultimo si riconosce un pregevole esempio di Portasanta per le basette, pezzo unico in tutti e due  modelli, ma inciso a simulazione dell’opus quadratum dell’edilizia romana.