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Il Satiro Danzante di Mazara del Vallo
analisi storico-critica
Bronzo (composto ternario: rame, stagno, piombo)
Ripescata nel Canale di Sicilia su un fondale di 500 metri (marzo 1998)
La statua è mancante delle braccia e della gamba destra; la sinistra, staccata dal corpo all’altezza del ginocchio, fu recuperata in seguito. Per via delle orecchie aguzze e di un foro destinato alla coda, l’opera è stata identificata quasi subito come un Satiro.
Il demone è colto in un momento della danza orgiastica, nell’atto di compiere un salto sulla punta del piede destro, con la gamba sinistra sollevata, il busto ruotato e le braccia distese. La testa è abbandonata all’indietro fin quasi a toccare le spalle; i capelli fluttuano al vento segnando la forte tensione del Satiro. Sul braccio sinistro era probabilmente avvolta la pelle di pantera, mentre dalla mano pendeva la coppa di vino vuota. La mano destra scuoteva il tirso, tipico attributo della cerchia dionisiaca. La bocca è carnosa, il naso grande, le palpebre spesse con ampi cuscinetti intorno ai globi, la fronte bassa, il collo gonfio.
La morbidezza dell’incarnato, i tratti femminei del volto e la chiarezza della struttura rimandano a modelli di ambito prassitelico. Si potrebbe trattare di un originale greco, forse dello stesso Prassitele, datato alla prima metà del IV sec. a.C. (Paolo Moreno), oppure di una replica realizzata tra il II e la fine del I sec. a.C. (Roberto Petriaggi). Altrettanto valida la tesi di chi vede nel Satiro riscontri con opere del pieno Ellenismo (III-II sec. a.C.) (Eugenio La Rocca); è proprio di questo periodo lo spiccato interesse per l’analisi realistica del movimento, l’attenzione alla quotidianità, alla natura e alle attività dell’uomo. Nell’ambito del divino, lungi dal rigore dell’età classica, sono trattati frequentemente i temi legati a Dioniso e al suo thiasos.
Tutte le immagini della galeria fotografica di questa scheda come anche la foto grande in alto, sono del fotografo Marco Delogu.