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Scudo Maasai (Kenia), Muciv, Roma, n. inv. 31008

Analisi storico-artistica e tecniche esecutive

Lo Scudo oggetto del cantiere didattico degli allievi del PFP4 (IV anno di corso) proviene dal Kenia, in particolare dalla produzione della popolazione Maasai, ed è datato tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo; attualmente è conservato al Muciv, Museo Preistorico Etnografico “L. Pigorini”, e afferisce alla sezione Africa.

Si tratta di un manufatto polimaterico, costituito da una struttura perimetrale in legno alla quale è ancorato il cuoio che forma lo scudo stesso tramite legatura con fettuccia in pelle. La superficie esterna presenta tracce di una decorazione lineare geometrica, che segue la forma del manufatto e definisce due forme ad arco speculari. I colori originali che sono stati rilevati sono diversi, dal rosso, al grigio al nero, mentre le decorazioni non geometriche in bianco potrebbero essere state eseguite successivamente. Internamente è presente l’impugnatura, realizzata con un elemento in legno, forato alle estremità, che ha altresì la funzione di rinforzare lo scudo; ad essa sono fissati due legacci in pelle, uno verso l’alto ed uno verso il basso che servivano a tensionare lo scudo, conferendogli la curvatura caratteristica degli scudi Maasai.

 

Stato di conservazione e interventi precedenti

Lo scudo presentava gravi deformazioni che interessavano sia la struttura lignea che il cuoio, con numerosi avvallamenti probabilmente causati dalla permanenza in condizioni termo-igrometriche non idonee. Dal punto di vista strutturale inoltre erano presenti varie fratture e lacune sulla fettuccia perimetrale e sui lacci di raccordo. La lettura delle superfici era ostacolata dalla presenza di vari strati sovrammessi, tra i quali depositi incoerenti e resine invecchiate applicate in modo disomogeneo. Il manufatto è stato probabilmente oggetto di un precedente intervento, poiché sono state osservate delle riprese della decorazione pittorica in rosso, eseguite con pigmenti il cui utilizzo, in base ai risultati delle indagini diagnostiche, è posteriore rispetto alla datazione dello scudo. I numerosi graffi riscontrati sono ascrivibili all’uso dell’oggetto. In seguito alle operazioni di pulitura è stato possibile osservare la presenza di decorazioni di colore chiaro, non simmetriche né geometriche, non pertinenti alla tradizionale tipologia delle decorazioni degli scudi Maasai: probabilmente si tratta di ritocchi successivi all’acquisizione dello scudo, secondo un intento di “tribalizzazione” dell'oggetto.

 

Intervento di restauro

Inizialmente sono stati rimossi i depositi superficiali incoerenti su entrambi i lati dello scudo. A seguito di questa operazione è emersa la presenza, su entrambe le facce dell’oggetto, di una sostanza che è stata osservata a luce ultravioletta: da questa indagine è stato possibile appurare che solo sul verso la sua stesura risulta molto omogenea e che si trattava di una resina applicata in un intervento precedente. Successivamente sono stati eseguiti diversi test per definire la metodologia di pulitura, sia a secco, sia con soluzioni acquose e miscele di solventi. La rimozione della resina è stata calibrata valutando le modalità di applicazione e i tempi di contatto, al fine di rendere più leggibile la decorazione originale. L’asta in legno che costituisce l’impugnatura è stata anch’essa sottoposta a pulitura meccanica e chimica. Le fettucce perimetrali e di ancoraggio sono state anch’esse pulite ed essendo interessate da diverse lacune sono state integrate con materiali compatibili ed inerti; successivamente è stata eseguita una equilibratura dal punto di vista cromatico di tali integrazioni. Infine, data la presenza di disomogeneità cromatiche, la superficie dello scudo è stata sottoposta ad un ritocco pittorico reversibile, rispettando le aggiunte decorative di colore chiaro, eseguito con il principale intento di riequilibrare il fondo bruno e restituire compattezza visiva all’oggetto. L’omogeneità del grado di lucentezza raggiunto con la pulitura, l’assenza di sbiancamenti e la buona coesione dello strato pittorico sono risultate soddisfacenti: pertanto è stato scelto di non verniciare la superficie.

 

Diagnostica

Lo scudo è stato sottoposto a diverse indagini al fine di determinare innanzitutto la natura della resina sovrammessa, tramite fluorescenza UV e spettroscopia infrarossa (FTIR). Successivamente sono state individuate le sostanze coloranti attraverso la fluorescenza a raggi X (XRF): è emerso che alcuni pigmenti contengono elementi non compatibili con la datazione dello scudo e pertanto non sono da ritenersi originali. Inoltre alcuni punti dell’oggetto, selezionati tra quelli ritenuti più significativi, sono stati osservati al DinoLite prima, durante e dopo l’intervento di restauro.

 

Vedi la scheda di presentazione del cantiere didattico 2018 presso il Museo Preistorico Etnografico “L. Pigorini”, Muciv di Roma