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Difendere il patrimonio culturale durante le grandi crisi

Data: 08/06/2015

Una mattina di filmati e testimonianze per tracciare una storia degli eventi calamitosi che, a partire dalla II Guerra Mondiale, hanno minacciato e aggredito la nostra eredità storica. Come difendere il patrimonio e come intervenire dopo i danneggiamenti:

gli esperti ISCR e OPD ne hanno parlato a Brera per il ciclo Conservare per Ricordare, iniziativa MiBACT per EXPO 2015.

Il titolo della conferenza ha evocato i momenti più difficili della nostra storia. Venti guerra, calamità naturali: salvare la memoria è stato il primo evento del ciclo di nove conferenze che il nostro Ministero ha organizzato nell’ambito dell’Esposizione Universale e che proseguirà fino al 30 ottobre. Sul palco della Sala della Passione all’interno della Pinacoteca di Brera si sono alternati esperti dell’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro e dell’Opificio delle Pietre Dure che hanno raccontato la loro esperienza “sul campo”, o ricostruito vicende storiche, illustrando i filmati realizzati per l’ISCR dal giornalista Cristiano Barbarossa, anche moderatore dell’incontro.

Altri appuntamenti ISCR del ciclo Conservare per Ricordare: il 17 luglio con la quarta conferenza Il restauro italiano fa scuola nel mondo. La grande bellezza si salva così e il 18 settembre con l’incontro dedicato alla movimentazione delle opere d’arte dal titolo Il viaggio dei capolavori. La salvaguardia delle opere durante i trasporti.

 

Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’intervento di Salvatore Giannella a Venti guerra, calamità naturali: salvare la memoria

Grazie per avermi voluto qui a Brera tra voi, specialisti della Bellezza di conservare, da ritrovare. Qualcuno ha detto che nel bene non c'è romanzo, ma non è vero. Dipende dai tempi. Quando sono tempi molto tristi, anche una storia serena può appassionare. Tra i miei colleghi giornalisti c'è chi ha scelto di puntare la sua studiosa attenzione sui palazzi del potere (e non li invidio, data la rarità delle storie nella buona politica), chi sulla ricerca di scandali (e il materiale non manca), chi a viaggiare dalle Alpi alla Maddalena alla ricerca di cibi genuini (ed è opera meritoria) e chi a descrivere monumenti a rischio del Belpaese (ed è impegno assai civile).

Io, dopo aver diretto mensili scientifici come Genius e Airone e settimanali politici d'attualità come l'antico Europeo, ho voluto privilegiare un itinerario insolito: andare a trovare uomini e ad ascoltare vicende che, in questi ultimi lunghi anni incerti, incoraggiassero la speranza, storie che facessero bene al cuore e ai neuroni specchio, quelli sensibili al Bello.

Uno dei miei maestri, il poeta e sceneggiatore Tonino Guerra, mi ricordava la confessione di un russo all'epoca staliniana: "Mi basta anche un fiammifero per riscaldarmi".  Ognuna delle persone incontrate nella mia veste di cronista della luce, direttamente o tramite (per esempio, le figlie Giovanna e Paola come nel caso dell’ex Soprintendente di Urbino Pasquale Rotondi) mi ha dato qualcosa e mi ha reso più ricco. Sono persone vincenti o perdenti, credenti in Dio o nell'umanità del prossimo, che qualcuno potrebbe definire, senza sbagliare, "eroi positivi". 

Se dovessi indicare un filo conduttore che lega tutti questi personaggi, direi che questo va individuato nel dovere, nel compiere il proprio dovere con il massimo impegno. Anche quando il tuo superiore, in azienda o nello Stato, ti fa mancare i mezzi.

E in questo Pasquale Rotondi, salvatore del Bello, è uno splendido simbolo. Durante la Seconda guerra mondiale, con una tossicchiante Balilla (e privo persino delle dieci lire da rimborsare al titolare del cinema che, per motivi di sicurezza, fa chiudere nella Rocca-rifugio di Sassocorvaro) riesce a dare ricovero e salvezza a 6.509 opere d'arte italiane, la più grande concentrazione di tesori culturali mai messi insieme nella storia dell’umanità. Di quelle opere d’arte molte (vedi la prima pagina del suo diario riprodotta nel mio libro “L’Arca dell’Arte”) erano di valore universale, come la Tempesta del Giorgione o la Pala d'oro di Venezia, o i capolavori di Brera, dell'Accademia Carrara di Bergamo, di Roma, di tutte le Marche, tanto che sorprende negativamente che in queste città beneficiate, a cominciare proprio da Milano, non ci sia ancora una via, una piazza, un giardino intitolato a lui o al Soprintendente Guglielmo Pacchioni, che fu attivo nel salvataggio dei tesori milanesi nella Seconda guerra mondiale (e anche nella precedente Grande Guerra: il generale Segre nel 1919 volle lui, funzionario nel Palazzo Ducale di Mantova, nella squadra dei recuperanti a Vienna dei capolavori sottratti dai militi dell’impero austro-ungarico).

Pasquale Rotondi riesce a condurre in porto gli altri impegni istituzionali, come quello assegnatogli dalla Direzione generale delle Belle Arti, "di integrare e coordinare i vari interventi anche delle Soprintendenze italiane accorsi a dare man forte alle consorelle fiorentine" in occasione dell'alluvione del '66, argomento che sarà poi approfondito dal professor Ciatti. E questo libro a sua firma (Firenze 1966. Appunti di diario sull’alluvione, con mia presentazione), lodevolmente edito a Lugano dall'artista Selim Abdullah, testimonia il suo coinvolgimento umano e professionale in quella drammatica vicenda che vide all'opera i generosi angeli del fango in un quadro desolante ("Che pena ritrovarsi sprovveduti di tutto, senza una direzione unitaria, in cui tutti fanno e disfanno a loro piacimento", leggerete negli appunti di Rotondi). Sono appunti che fanno collocare la figura di Rotondi, angelo di saggezza, tra quelle dei protagonisti del salvataggio del patrimonio d'arte danneggiato dall'alluvione. Ed è una singolare coincidenza che il collaboratore di Rotondi, Enzo Ferroni, docente di chimica all'università di Firenze, sia stato il primo vincitore del Premio Rotondi ai salvatori dell'arte, diciotto anni fa, da una giuria che non sapeva del ruolo avuto da Rotondi a Firenze, seguito da Cristina Acidini e Marco Ciatti dell'Opificio delle pietre dure, a conferma dell'attenzione speciale che i giurati del Premio Rotondi dedicano alla città di Firenze che ha la più alta densità al mondo di beni culturali, artistici e storici. (Saluto in sala altri vincitori di quel prestigioso riconoscimento, Gisella Capponi e Donatella Cavezzali).

Alla drammatica sfida tra predatori e salvatori dell’arte è dedicato il nuovo, piccolo ma suggestivo MAIO (Museo dell’Arte in Ostaggio, dedicato ai 1.651 tesori culturali trafugati nell'ultimo conflitto e ancora "prigionieri di guerra"), inaugurato su mia idea il 16 maggio 2015 a Cassina de’ Pecchi alle porte di Milano, la cui storia è stata tra gli articoli più letti per una settimana sul Giornale dell’arte on line. Colgo l’occasione per invitare tutti i presenti in sala.

La guerra prima,  l'alluvione dopo, i restauri del patrimonio artistico di quella che potrebbe essere la prima potenza culturale del pianeta se solo si scrollasse di dosso la sua indifferenza passiva, le ricostruzioni da ogni genere di sfascio: se leggete la storia umana e professionale di Pasquale Rotondi, di Guglielmo Pacchioni e di molti di voi qui presenti stamattina, forse vi sarà più chiaro perché l'Italia sta in piedi. Perché ogni mattina, più o meno, escono i tram e i treni, i bambini vanno a scuola, e fuori della porta c'è il giornale. Esiste ancora qualcuno che fa la sua parte, che rivendica i diritti e insieme tiene fede al dovere che gli viene richiesto: sono quelli che, forse, ci salveranno.

 Salvatore Giannella