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Un omaggio alla memoria di Gianluigi Colalucci

Data: 30/03/2021

E' deceduto la scorsa notte il celebre restauratore degli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina.

L’Istituto ha appreso con enorme tristezza della scomparsa di Gianluigi Colalucci, uno dei più illustri restauratori del Novecento, e desidera ricordarlo con questo omaggio a cura di Federica Giacomini.

Gianluigi Colalucci nasce a Roma nel 1929.Dopo gli studi al liceo classico, si avvicina al restauro per il tramite del restauratore Augusto Cecconi Principi, erede di una dinastia di restauratori attivi a Roma dal Settecento e membro dell’organico dell’ICR fin dalla sua fondazione.
Nel 1949 viene ammesso alla scuola dell’ICR e si diploma nel 1953. Da allievo, Colalucci vive l’Istituto negli anni più straordinari della sua storia, quelli in cui si consolidano metodologie e tecniche innovative, su opere di eccezionale importanza, sotto l’egida autorevole del direttore Cesare Brandi. Brandi segue da vicino con cadenza quotidiana l’attività che restauratori e allievi svolgono nei laboratori dell’Istituto, affrontando e trovando via via soluzione alle molteplici questioni critiche e tecniche che ciascun lavoro presenta.

Colalucci ha sempre considerato Brandi il suo grande maestro, quello a cui doveva la sua identità stessa di restauratore: “Come maestro Brandi è stato tutto per me, mi ha insegnato a guardare un’opera d’arte, a capire la sua essenza e a dare un senso ad ogni segno e ad ogni colore. Mi ha insegnato a ragionare molto prima di intervenire sulle opere, a dare una spiegazione logica a ogni decisione e ad essere molto critico con me stesso, in modo da sentirmi alla fine forte e sicuro. Al magistero di Brandi devo la capacità che mi ha permesso di affrontare l’eccezionale avventura professionale che la vita mi ha riservato. Mi faccio l’illusione di aver interpretato degnamente il modello di restauratore che egli stava formando per il futuro” (da: Gianluigi Colalucci y su trayectoria restauradora, tesi di dottorato di Daniela Bartoletti, Universidad Politecnica de Valencia, 2010).

Dopo il diploma, Colalucci lavora intensamente in Sicilia, operando per tutti gli anni ’50 su opere di grande importanza appartenenti a collezioni private come a raccolte ed edifici pubblici. Qui conosce Carlo Scarpa, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Enzo Sellerio, Bruno Caruso e molti altri intellettuali e personaggi di spicco della cultura dell’epoca. Lavora anche sotto la direzione di Brandi, a Creta e ad Assisi.

Nel 1960, su suggerimento di Michelangelo Cagiano de Azevedo, viene assunto dai Musei Vaticani: Dioclecio Redig de Campos, allora direttore della Sezione bizantina, medievale e moderna dei Musei, capisce che in Vaticano è necessario un restauratore diplomato presso l’ICR, per consentire il passaggio da una concezione del restauro ancora legata alla cultura artistica accademica, molto radicata in Vaticano, a una più moderna visione della disciplina del restauro come scienza storica, fondata sulla critica storico-artistica e sul sapere tecnico e scientifico. Colalucci, portatore della nuova impostazione data al restauro dall’ICR, si scontra con un ambiente fermo a logiche e pratiche ottocentesche. Ci vorranno anni, anche difficili e faticosi, ma sarà lui a trasformare i Musei Vaticani in un luogo dove la conservazione e il restauro si rinnovano finalmente in senso moderno, acquisendo competenze teoriche e tecniche pienamente aggiornate.

Nel corso degli anni ’60 e ’70 svolge anche una intensa attività di restauro per le Soprintendenze, soprattutto a Roma, a Napoli, nel Veneto. Restaura molte opere della Galleria Borghese.

Nel 1978, con l’arrivo alla Direzione dei Musei Vaticani di Carlo Pietrangeli, Colalucci diventa Capo restauratore. Poco dopo, nel 1980, con i primi saggi di pulitura sulla volta dipinta da Michelangelo, incomincia il restauro della Cappella Sistina. È l’inizio della “eccezionale avventura professionale” che impegnerà Colalucci personalmente per 14 anni, fino alla sua conclusione, nel 1994, con l’intervento sul Giudizio Universale. Ritenuto giustamente il restauro più importante del secolo, la pulitura degli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina trasforma radicalmente l’immagine di uno dei più celebri cicli pittorici della cultura occidentale, restituendone una lettura nuova e inaspettata. Il restauro rivela colori accesi e brillanti, costringendo gli storici dell’arte a dover in qualche misura riconsiderare alcuni aspetti della stessa personalità artistica del Buonarroti.  È un lavoro emblematico del potere del restauro di modificare l’immagine consolidata di opere fondative di una cultura condivisa. Per questo, il restauro diretto da Colalucci fu al centro di accese polemiche, alle quali il restauratore e la Direzione dei Musei Vaticani risposero con la pacatezza e la inoppugnabilità dei dati oggettivi emersi nel corso del restauro, relativi alla tecnica e alla materia costitutiva dell’opera michelangiolesca.

Il restauro della Cappella Sistina diede a Colalucci fama internazionale e gli valse, nel 1991, la laurea honoris causa in Fine Arts presso la New York University, nonché, nel 1995, la laurea honoris causa in Conservazione e restauro di beni Culturali all’Università Politecnica di Valencia. Le tappe salienti di quella straordinaria impresa sono state raccontate dal maestro nel libro Io e Michelangelo. Fatti, persone, sorprese e scoperte del cantiere di restauro della Sistina, pubblicato nel 2015 (Città del Vaticano, Musei vaticani – Milano, 24 ore cultura).