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I giornata Discussione Tesi di laurea (15 aprile 2024) - SAF di Roma

Data: 12/04/2024

II sessione a.a. 2022- 2023

Lunedì 15 aprile 2024, a partire dalle ore 09:30, presso l’Aula Magna “Cesare Brandi” della sede ICR di Roma in via di San Michele 25, conseguiranno il titolo di Diploma di Laurea Magistrale in “Conservazione e Restauro dei Beni Culturali” sei allieve della Scuola di Alta Formazione dell’ICR, sede di Roma, nell’ambito del percorso formativo professionalizzante PFP1 (Materiali lapidei e derivati; superfici decorate dell’architettura) e PFP2 (Manufatti dipinti su supporto ligneo e tessile; manufatti scolpiti in legno; arredi e strutture lignee; manufatti e materiali sintetici lavorati, assemblati e/o dipinti).

La sessione di laurea avrà luogo in presenza; è previsto un collegamento da remoto sulla piattaforma Google Meet (fuso orario Europe/Rome), accessibile da questo link.

1-2 Candidate: Sara Belletti, Giuliana Codato

Settore PFP1: Materiali lapidei e derivati; superfici decorate dell’architettura.

Titolo tesi:

Il Tepidarium della villa dei Quintili: restauro del pavimento in opus sectile e dell’ipocausto in muratura. Studio dei materiali per il consolidamento delle malte decoese e per il riallettamento delle crustae marmoree.

Relatori:

Eleonora Gioventù (relatore coordinatore), Francesca Scirpa (relatore coordinatore), Giorgio Sobrà, Marco Bartolini

Altri relatori: Emma Cantisani, Sara Iovine, Francesca Romana Paolillo, Angelo Raffaele Rubino, Barbara Sacchi, Claudio Santangelo, Marco Tanganelli, Silvia Vettori

Argomento (in comune tra le due laureande)

Il presente lavoro di tesi ha avuto come oggetto di studio e intervento conservativo una porzione del sistema di riscaldamento e delle decorazioni pavimentali e parietali di uno degli ambienti del tepidarium della villa dei Quintili. La struttura si colloca nel vano L13 del settore termale della tenuta, edificato tra la fine del II e l’inizio del III secolo d.C.. La porzione inferiore del manufatto fa parte dell’antico sistema ad ipocausto e, nello specifico, costituisce la c.d. “bocca del praefurnium”, un canale in muratura laterizia, mediante il quale l’aria calda veniva convogliata, dalla sala del forno, nell’intercapedine sotto-pavimentale, attraverso cui circolava, riscaldando l’ambiente sovrastante. Al di sopra del sistema di riscaldamento si colloca il piano pavimentale dell’ambiente, costituito da due strati preparatori e dal rivestimento in opus sectile in marmi policromi, di cui si conservano alcuni lacerti. Rimangono in loco, inoltre, gli esigui resti della decorazione marmorea parietale ad incrustationes. Il lavoro si è, innanzitutto, concentrato sullo studio della letteratura inerente alla villa dei Quintili, con l’obiettivo di ricostruire le vicende conservative del sito nel corso dei secoli: le fasi di utilizzo fino al III secolo d.C., i periodi di dismissione e abbandono nel Medioevo, le operazioni di spoliazione e le campagne di scavi archeologici, iniziate sistematicamente a partire dal Settecento. Si è, poi, proceduto con l’analisi delle tecniche esecutive del manufatto, con particolare attenzione allo studio delle malte originali, per le quali si è condotta, grazie alla collaborazione con l’Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale (ISPC) del CNR di Firenze (sede di Sesto Fiorentino), una caratterizzazione minero-petrografica dettagliata. Data l’estrema lacunosità dell’opus sectile, si è provveduto, inoltre, alla formulazione di un’ipotesi sull’articolazione mediante cui doveva svilupparsi, originariamente, il modulo decorativo. L'osservazione puntuale delle superfici ha evidenziato il precario stato di conservazione del manufatto, risultato della complessa vicenda secolare, dell'esposizione a fattori ambientali sfavorevoli (data la collocazione in un parco archeologico e la mancanza di coperture) e di interventi di restauro non idonei.  Propedeuticamente all’intervento sono stati condotti (in collaborazione con il CNR-ISPC, sede Sesto Fiorentino, e con il Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze) due studi di approfondimento (teorico e laboratoriale) volti all’individuazione delle migliori metodologie da mettere in pratica per la risoluzione di due delle principali criticità conservative riscontrate sull’opera: la decoesione delle malte originali, in particolare del massetto in cocciopesto; il distacco delle crustae mamoree dell’opus sectile e la compromissione dello strato di allettamento originale, causata dall’utilizzo, durante gli interventi precedenti, di malte premiscelate non compatibili con i substrati originali. La ricerca svolta sul tema del consolidamento ha permesso di approfondire le potenzialità e le criticità di diversi prodotti, focalizzandosi su quelli più idonei al contesto esterno in cui il manufatto è collocato e alla natura dei materiali di cui esso si compone. Tra i consolidanti testati, una dispersione colloidale di nanosilici (Nanoestel ®, CTS) ha fornito i migliori risultati. Gli esiti ottenuti dall’approfondimento sui materiali per l’allettamento, hanno portato, invece, alla rivalutazione, per il presente caso specifico, di prodotti tradizionali come il grassello di calce e quello magnesiaco, opportunamente invecchiati (60 mesi) e miscelati con pozzolana, a scapito, invece, delle calci idrauliche e dei più moderni premiscelati commerciali. È stato, pertanto, possibile procedere con il restauro del manufatto, adottando un approccio conforme ai principi della compatibilità, della minima invasività e del massimo rispetto dei materiali antichi. Infine, al termine dell'intervento, sono state delineate le linee guida per un piano di monitoraggio e manutenzione programmata, imprescindibile per garantire la durevolezza dei risultati ottenuti e assicurare una più efficace conservazione a lungo termine del manufatto.

3. Candidata: Angelica Donati

Settore PFP2: Manufatti dipinti su supporto ligneo e tessile. Manufatti scolpiti in legno. Arredi e strutture lignee. Manufatti in materiali sintetici lavorati, assemblati e/o dipinti.

Titolo tesi:

Il restauro di un dipinto a tempera su fondo dorato di Arcangelo di Cola: studio dei materiali per la reintegrazione dell’oro

Relatori:

Francesca Fumelli (coordinatore)

Francesca Fabbri

Marcella Ioele

Altri relatori: Serena Sechi, Paolo Scarpitti, Giulia Galotta, Federica Antonelli, Gianfranco Priori, Elisabetta Giani, Roberto Ciabattoni, Carolina Rigon, Liliana Gianni, Angelo Raffaele Rubino, Claudio Santangelo.

Argomento

Il presente lavoro di tesi ha riguardato lo studio analitico e il restauro di un dipinto su tavola di Arcangelo di Cola da Camerino raffigurante la Madonna col Bambino in trono e altri episodi sacri, conservato ed esposto presso la Galleria Nazionale delle Marche, a Urbino.

Questo prezioso esempio dell’arte camerinese del primo Quattrocento è stato individuato come oggetto di tesi per le sue peculiari condizioni conservative: il dipinto evidenziava infatti aspetti di criticità relativi agli strati pittorici, che erano compromessi dal degrado di diversi materiali di restauro. In particolare, la problematica più evidente era rappresentata dall’alterazione del fondo dorato, che presentava nell’area superiore delle reintegrazioni pittoriche cromaticamente alterate, ponendosi come elemento di disturbo ottico nella corretta percezione dell’immagine dipinta.

Il complesso intervento di restauro ha quindi rappresentato un’occasione per approfondire lo studio dei materiali per la reintegrazione dell’oro, in accordo con le esigenze estetiche dell’opera d’arte, con l’obiettivo di individuare e proporre dei prodotti stabili e idonei sotto l’aspetto applicativo e scientifico. Questa ricerca ha previsto, in primo luogo, il confronto e l’analisi morfologico-strutturale di alcuni prodotti commerciali a base di oro e a imitazione; in secondo luogo, ha permesso di verificare la stabilità dei materiali selezionati nei confronti della luce, la durabilità nel tempo e la resistenza agli agenti biodeteriogeni.

Il restauro ha riguardato parallelamente diverse problematiche a carico del supporto e della pellicola pittorica. Nel primo caso, sono state testate e proposte nuove formulazioni a base di materiali cellulosici, al fine di colmare le fessurazioni e le lacune del legno con soluzioni reversibili e compatibili; nel secondo, è stata affrontata nello specifico la pulitura del manto azzurro della Madonna, particolarmente alterato dalla presenza di uno strato soprammesso molto scuro di natura proteica. Per il recupero della leggibilità della cromia e della corretta percezione della superficie dipinta, è stato quindi eseguito un intervento di pulitura, che ha visto l’utilizzo di mezzi pulenti controllabili e selettivi: l’Hydrogel a base di PVA e borace e i gel acquosi chelanti, impiegati in successione, monitorandone l’efficacia con tecniche di indagine non distruttive.

L’intervento ha permesso, congiuntamente ad un accurato intervento di presentazione estetica, di migliorare la leggibilità dell’immagine e dei valori cromatici perduti.   

La ricerca storico-documentaria ha affiancato e integrato costantemente il lavoro, fornendo un importante contributo alla conoscenza delle vicende conservative e a una migliore comprensione dello stato di conservazione del dipinto.

In conclusione, questo lavoro ha permesso di definire una metodologia di intervento valida per la presentazione estetica di opere d’arte caratterizzate in particolare dalla problematica dell’integrazione dell’oro.

4 – 5. Candidate: Doriana Greco e Simona Scimìa

Settore PFP2: Manufatti dipinti su supporto ligneo e tessile. Manufatti scolpiti in legno. Arredi e strutture lignee. Manufatti in materiali sintetici lavorati, assemblati e/o dipinti.

Titolo tesi: Sternenfall di Anselm Kiefer: il restauro di un dipinto materico di grande formato e lo studio del mentolo per la velinatura delle opere di arte contemporanea.

Relatori:

Paola Iazurlo (coordinatore)

Giancarlo Sidoti 

Angelandreina Rorro

Altri relatori:

Carolina Rigon, Carlotta Sacco Perasso, Roberto Ciabattoni, Simona Brunetti, Angelo Raffaele Rubino, Claudio Santangelo, Francesco Frullini

Argomento (in comune tra le due laureande)

Il presente lavoro di tesi affronta l’intervento conservativo di Sternenfall, un monumentale dipinto polimaterico su tela di Anselm Kiefer del 1998, facente parte della collezione permanente del museo MAXXI di Roma. L’opera, uno dei capolavori dell’artista tedesco della serie delle costellazioni, è realizzata dall’artista applicando un impasto pittorico ad olio fortemente materico ed irregolare su due tele accostate (456x530 cm).

Il dipinto presentava uno stato di conservazione fortemente compromesso: il peso della materia pittorica causava problemi strutturali del supporto, risultanti in una deformazione in allungamento, tali da non rendere più Sternenfall esponibile. In aggiunta, la materia pittorica era caratterizzata dalla caduta di frammenti, già parzialmente distaccati dalla superficie per via del cretto diffuso prodotto in fase di asciugatura, durante il processo creativo.

La progettazione dell’intervento di restauro è avvenuta a seguito di un approfondito studio preliminare della tecnica esecutiva del dipinto, attraverso la raccolta di informazioni reperite dalle interviste all’artista e la stesura di un questionario inviato allo studio di Kiefer. I dati ottenuti hanno permesso di indagare nel dettaglio il suo modo di lavorare e i materiali che utilizza, anche mediante prove di realizzazione dei suoi impasti pittorici in laboratorio.

Lo studio del degrado dell’opera ha previsto una scansione 3D della superficie che ha permesso di misurare l’entità dello spanciamento di entrambe le tele, accentuatosi negli ultimi anni. Parallelamente, è stata condotta un’indagine sullo stato di conservazione dei dipinti della serie delle costellazioni, eseguiti con una tecnica simile a Sternenfall, e sugli interventi fino ad ora effettuati dai restauratori su problematiche ricorrenti. A tale scopo, è stata effettuata una schedatura conservativa dell’opera Cette obscure clarté qui tombe des étoiles (1999), conservata nei depositi della Tate Modern di Londra.

Le scelte di restauro sono state guidate dal criterio del minimo intervento, con l’obiettivo di correggere la deformazione del supporto. Le operazioni di velinatura della pellicola pittorica con il mentolo e pannellatura temporanea del retro, in aggiunta alla riadesione dei frammenti di impasto, hanno consentito di trasportare in sicurezza l’opera nella Sala Gian Ferrari del museo MAXXI, in cui si è svolto parte dell’intervento di restauro, sotto gli occhi dei visitatori. Per ristabilire la planarità della tela è stata effettuata un’operazione di rifunzionalizzazione del telaio originale che permette l’ampliamento graduale della struttura di sostegno, in precedenza non espandibile.

A conclusione dell’intervento, è stata messa in opera la protezione del retro mediante la foderatura del telaio con una tela nautica (stretcher bar lining), al fine di attenuare le vibrazioni derivanti da future movimentazioni, possibili fonti di ulteriori distacchi di materia pittorica. Parallelamente all’intervento di restauro, vista la scarsità degli studi presenti in letteratura sull’utilizzo del mentolo sulle pellicole pittoriche contemporanee, è stato sviluppato un approfondimento sul tema. La ricerca è stata condotta attraverso una sperimentazione su provini realizzati con tecnica ad olio, tempera, acrilico e vinilico al fine di verificare i tempi di sublimazione del mentolo, la permanenza di eventuali residui e la possibile interazione con i vari leganti.

6. Candidata: Claudia Civita

Settore PFP2: Manufatti dipinti su supporto ligneo e tessile. Manufatti scolpiti in legno. Arredi e strutture lignee. Manufatti in materiali sintetici lavorati, assemblati e/o dipinti.

Titolo tesi:

Il Biribisso di Palazzo Chigi in Ariccia: studio, scelte conservative e restauro di un gioco d’azzardo del XIX secolo.

Relatori:

Miriam Pitocco (coordinatore)

Tullia Carratù

Marcella Ioele

Altri relatori: Paola Biocca, Giulia Galotta, Barbara Lavorini, Carolina Rigon, Angelo Raffaele Rubino, Claudio Santangelo, Anna Luce Sicurezza.

Argomento

Il lavoro di tesi ha avuto come oggetto l’intervento conservativo e lo studio storico-tecnico di un esemplare di Biribisso, un gioco d’azzardo tra i più diffusi in Italia a partire dal Cinquecento, ma da tempo dimenticato.

L’opera, custodita presso Palazzo Chigi in Ariccia, è stata oggetto di uno studio approfondito, sia dal punto di vista tecnico che da quello storico-antropologico, per poter procedere ad un intervento consapevole sia delle complessità tecnico-conservative che delle necessarie riflessioni teoriche suscitate dal restauro di un oggetto portatore di molteplici valori, estetici ed antropologico-culturali. 

Sono stati esaminati gli usi e le tradizioni ludiche italiane, ricostruendo l’evoluzione dei giochi d’azzardo nel corso dei secoli fino alla loro standardizzazione avvenuta nell’Ottocento, affiancando ad un’ampia ricerca bibliografica lo studio tecnico di sei esemplari di giochi conservati nelle collezioni pubbliche, la cui struttura è assimilabile a quella del Biribisso di Ariccia. Il confronto con gli altri manufatti ha permesso di evidenziare similitudini e differenze, utili per capire la funzione e la struttura di un oggetto tanto particolare.

Dal punto di vista tecnico-esecutivo l’opera oggetto di tesi si caratterizza per una particolare commistione di materiali. Il Biribisso è costituito da una struttura di sostegno lignea su cui è applicato un supporto cartaceo dipinto con inchiostro ed acquerello, la cui superficie era protetta da uno spesso strato di vernice. Nel corso degli anni l’opera ha poi subito numerosi rimaneggiamenti ed interventi mirati a mantenerne la continuità d’uso.

L’intervento conservativo ha riguardato l’intera struttura del Biribisso, a partire dal tavolato, infragilito da diverse fessurazioni e sconnessure, la cui unità strutturale era andata perduta con il distacco dell’asse inferiore, fino alla reintegrazione delle lacune della figurazione realizzata ad acquerello.

In particolare, la compenetrazione fra medium grafico e supporto cartaceo, e la presenza di una spessa ma disomogenea vernice soprammessa, hanno reso la fase di pulitura estremamente interessante: la necessità di rimuovere il film resinoso ha stimolato la ricerca di un sistema che permettesse di rigonfiare il film senza farlo penetrare nelle porosità del materiale e senza interagire con le fibre del supporto, esposte all’azione dei solventi dalla mancanza di un vero e proprio strato pittorico.

Dopo numerose prove, la verniciatura è stata finalmente rimossa con un idrogel viscoelastico a base di poli (vinil alcol) e borace, altamente ritentivo e in grado di non lasciare residui sulla superficie, caricato con alcol benzilico, un solvente altamente compatibile con le vernici da rimuovere, ma del tutto rispettoso nei confronti della materia pittorica originale. L’operazione di pulitura è stata poi completata rimuovendo i vecchi ritocchi oleo-cerosi lavorando puntualmente, con l’aiuto di un microscopio, utilizzando l’emulsione water in oil.

Infine, un’ulteriore riflessione è emersa dalla necessità di calibrare, a conclusione dell’intervento di restauro, l’istanza estetica insita nell’artisticità della figurazione con le tracce storiche testimoni dell’uso e dei valori culturali legati alla pratica del gioco. In linea con i principi del restauro di beni demo-etnoantropologici, si è deciso quindi di intervenire solo sui danni di origine accidentale che rischiavano di pregiudicare la conservazione e la leggibilità del Biribisso, mantenendo invece visibili quelli dovuti all’uso del manufatto.

Proclamazione ore 17.30

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