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  • Restauri - Restauri conclusi
  • Il rotolo dipinto giapponese "dei trentatré cavalli", Museo Stibbert, Firenze

  • Alla stanga, Giovanni Segantini, Galleria nazionale d'arte moderna, Roma

  • Tibiae, Museo degli Strumenti Musicali, Roma

  • Rotella da parata in cuoio. Museo Bagatti-Valsecchi, Milano

  • Gli affreschi di Polidoro da Caravaggio dal Casino del Palazzo del Bufalo a Roma

  • Angelo in maiolica, Museo dell'Opera del Duomo di Orvieto

  • Storie di Sant'Orsola. L'arrivo a Colonia, Vittore Carpaccio, Gallerie dell'Accademia, Venezia

  • La cassaforte della casa dei Vettii, Pompei

  • Cromatica, Guido Strazza, Macro, Roma

  • Mappa toroidale di 5 paesi e 4 colori, Sergio Lombardo, Macro, Roma

  • Il Satiro Danzante di Mazara del Vallo

  • La peschiera della villa romana di Torre Astura, Nettuno, Roma

  • Il polittico di Santa Sabina, cappella di San Tarasio, chiesa di San Zaccaria a Venezia

  • Elefantino di piazza della Minerva a Roma

  • Baia sommersa, Villa dei Pisoni, Pavimento in mosaico bianco

  • Baia sommersa, Terme di Punta dell'Epitaffio. Pavimento in opus sectile

  • Baia Sommersa, Via Erculanea

  • Pietà con San Giovanni, la Maddalena e un Vescovo, Chiesa di Sant'Agostino, Gallese

  • Il Mitra tauroctono dalla Civita di Tarquinia

  • Gonfalone storico dell'università La Sapienza di Roma

  • Amore in caccia, Adamo Tadolini - Museo Mario Praz

  • Bandiera storica Guardia di Finanza, Roma

  • Bandiera della Repubblica Romana, 1849

  • Clipeo raffigurante il Salvatore Benedicente, Guidonia Montecelio (RM)

  • La Madonna con i santi Giovanni Evangelista e Gregorio Taumaturgo di Guercino

  • Chiesa di Santa Marta
    stucchi della controfacciata

Restauri conclusi

  • La cassaforte della casa dei Vettii, Pompei

    L’Istituto è stato presente, fin dal 1996, nella domus dei Vettii di Pompei con un progetto di restauro integrale, rivolto non solo al complesso architettonico con le sue finiture, ma anche alle decorazioni e agli arredi.
    Fra questi ultimi, particolare importanza rivestono le due casseforti dell’atrio. Quella meridionale, oggetto dell’intervento di restauro, presentava uno stato di conservazione estremamente precario, tale da consigliare la sua rimozione dal sito.
    Pertanto nel 1998 l’Istituto ha realizzato un cantiere didattico sul manufatto per effettuare alcuni interventi propedeutici alla sua messa in sicurezza durante la manipolazione, l’imballaggio ed il successivo trasporto presso il Laboratorio Metalli e Leghe dell’ISCR. In tale occasione è stata approntata una struttura atta a sostenerne il notevole peso (kg 150 circa).
    In seguito, nell’ambito delle attività didattiche della Scuola di Alta Formazione dell’Istituto, si è giunti alla definizione del progetto ed alla realizzazione di parte dell'intervento di restauro. Il suo completamento, con l’esecuzione del supporto definitivo e la documentazione grafica conclusiva sono stati affidati al Consorzio Kavaklik di Roma.

     

    Gabriella Prisco (già ISCR): RUP e Direttore lavori

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  • Storie di Sant'Orsola. L'arrivo a Colonia, Vittore Carpaccio, Gallerie dell'Accademia, Venezia

    Tra il  nostro Istituto e le Gallerie dell’Accademia di Venezia esiste un consolidato rapporto di collaborazione. Nell’ambito di questa collaborazione si colloca il restauro della grande tela di Vittore Carpaccio raffigurante L’arrivo a Colonia facente parte del grande ciclo delle Storie di Sant’Orsola.

    Il dipinto di grandi dimensioni (misura cm 280 x 255) è realizzato con materiali costitutivi e tecnica  esecutiva di grande interesse collocandosi al confine tra le tecniche per i dipinti su tavola e l’arrivo delle opere su tela. Risultava particolarmente mortificato dall’alterazione cromatica della pesante verniciatura risalente all’ultimo restauro.

    Il dipinto è pervenuto presso i Laboratori dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro di Roma alla fine del mese di Dicembre 2012 ed è stato collocato nella Sala del Marco Aurelio, dove vengono restaurati i dipinti di grandi dimensioni. Sul retro della  tela è stato accostato un sensore in grado di verificare le oscillazioni termo igrometriche ambientali consentendo di prendere provvedimenti in caso di eccessive oscillazioni.

    Durante il mese di gennaio 2013, l’opera è stata sottoposta ad una campagna fotografica preliminare con luce normale ed UV mirata alla registrazione dello stato di conservazione  prima dell’intervento e all’esecuzione della base grafica per la documentazione di tutte le fasi del restauro.

    Sono inoltre state effettuate indagini multispettrali non invasive (IR falso colore e particolari riflettografici in IR) ad integrazione delle indagini già eseguite a Venezia.

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  • Bandiera del cacciatorpediniere Zeffiro, Roma

    La bandiera è conservata presso l’Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore delle Reali Tombe del Panteon, dove è pervenuta per donazione ed è indicata dal possessore come bandiera del Cacciatorpediniere Zeffiro.
    Il suo restauro è stato finalizzato a conservare questo “documento tessile” con scelte metodologiche che hanno rispettato l'opera nella sua storicità.

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  • Tibiae, Museo degli Strumenti Musicali, Roma

    Il restauro di una doppia tibia romana ci ha offerto l’occasione di studiare approfonditamente gli aspetti tecnologici di tale strumento musicale.
    Le tibiae romane discendono dagli auloi greci che si compongono di due tubi divergenti costituiti da una canna, perforata da un certo numero di fori e da un’ancia. L’auleta li suonava contemporaneamente, ognuno con una mano e per questa ragione si parla di auloi al plurale o tibiae. Le tibiae erano spesso a canna cilindrica e realizzate in osso od avorio. Il suono era prodotto dalla vibrazione dell’ancia indotta dal soffio del suonatore. I suonatori di auloi e tibiae adottavano una fascia (phorbeia) per trattenere i due strumenti alle labbra; essi si ricongiungevano solo nella bocca. Il suonatore impugnava in ogni mano una canna con il pollice sul lato inferiore. Nella Grecia antica gli auloi avevano da tre a cinque fori, numero che è aumentato successivamente durante il periodo romano.
    Inizialmente l’aulòs era intagliato nella specie vegetale harundo donax  (canna). Più tardi questa materia fu abbandonata per avorio o osso, legni preziosi, o metallo. Il termine romano “tibiae” deriva probabilmente dal materiale con cui lo strumento era prevalentemente costruito (tibie di animale).

    Il lavoro di restauro si è svolto sotto la direzione di Roberto Petriaggi. Si ringraziano inoltre Barbara Davidde, Giorgio Tavlaridis, Giovanni Tardino e Orlando d’Achille per i loro suggerimenti e la cortese collaborazione.

     

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